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sabato 30 maggio 2015

Dalla Svizzera del Medio Oriente alla Svizzera punto

Il Libano anima il mio spirito. Non lo vivo più ma i ricordi sono presenti. Un odio e amore passionale, viscerale, esistenziale. Dalla Svizzera lo osservo protetta e con una partecipazione indiretta sempre più debole. Preoccupata da ciò, ecco un primo passo, oggi,  per continuare a "restare umani". Il seguito ? Forse inesistente, un bisogno passeggero che affogherà tra gli impegni del quotidiano in un paese dove "bukra, bukra, domani, domani" è un po' più difficile da attuare. Con una nuova consapevolezza, che comincio tanti blog ma non ne continuo uno. Adesso lo so: è solo per me che scrivo altro che "un giorno pubblicherò la mia tesi" "scriverò un libro" . Il blog diventa, così, solo uno strumento per analizzare il mio percorso. Si preferisce Facebook o twitter perché sono veloci, diretti. Spesso ma non sempre, si urlano opinioni ma non si costruiscono, si spiattellano su un muro. La riflessione è più obbligata dentro un post. Bisogna averne voglia e tempo. Ecco allora come, nel mio caso, il blog diventa indice di questi due fattori. La sfida per me è quindi scrivere per ricominciare a essere creativa con un po' di Italia, di Libano e di Svizzera mescolati insieme.

mercoledì 14 settembre 2011

Just women, mothers, and grandmothers.


We Grandmothers are constantly roaming the world for son, daughter, grandchild the dictatorship stole from us”.

Las Madres de Plaza de Mayo (Foto: El Paìs.com)
Oggi è stato assegnato un premio intrecciato alla nostra Storia anche se in Italia non se ne parla molto, così concentrati a manovrare. Io preferisco traslare il centro su quei punti che per me sono importanti, che raccontano una tragedia ma al contempo ti trasmettono speranza, coraggio; ti rammentano per cosa vale la pena di lottare nella vita, ossia la vita stessa, la tutela dei diritti umani. Ti riportano all'etica, alla morale, alle ideologie, ingredienti che non si trovano più nei supermercati qui intorno...e non sono neanche in stock. Ti fanno piangere dall'ammirazione. Mi fermo. 

Un sentito abbraccio a Estela Carlotto e a tutte le nonne di Plaza de Mayo che hanno ricevuto oggi dall'UNESCO il Premio Félix Houphouët-Boigny. Riconoscimento, questo, per la lotta che hanno intrapreso più di trent'anni fa per difendere i diritti dell'uomo, la giustizia e la pace. Mi viene in mente il film Garage Olimpo di Marco Bechis. Parliamo della repressione politica che ha infettato l'argentina negli anni '70 durante la dittatura militare. Parliamo di Desaparecidos, come il nipote di Estela. La figlia Laura, rapita nel novembre del 1977, ha partorito durante il periodo di detenzione all'Ospedale militare di Buenos Aires. Il 25 agosto 1978 il cadavere di Laura viene restituito alla madre ma il bambino, il nipote di Estela è scomparso. Estela ha cominciato a cercarlo e non ha più smesso. Nel cammino non si è ritrovata sola: oltre alla sua famiglia, altre persone si sono unite e poi associate in "Las Madres de Plaza de Mayo" per continuare la ricerca dei figli e nipoti scomparsi e per non abbandonare la speranza. “We are not heroines, we're not different. We're just women, mothers, and grandmothers” (dichiarazione di Estela Carlotto durante l'assegnazione del premio). 

lunedì 21 marzo 2011

L'altrui mio sogno nel primo giorno di primavera

Oggi un mio compagno di Master ha detto di avermi sognata: apriva il giornale (il Corriere) e in prima pagina c'era un articolo scritto da me. Entrava in classe e me lo mostrava, facendomi i complimenti e, nel contempo, io osservavo e dalla gioia piangevo.

Bizzarro come altri, riescano a immaginare e a vivere i nostri, di sogni.

Qualunque cosa sogni d'intraprendere, cominciala. L'audacia ha del genio, del potere, della magia... (Goethe). 

domenica 9 gennaio 2011

Buon Nuovo Cammino

Foto di Oriana Villa, gennaio 2011.

Buon Nuovo Cammino a tutti. O a quelli che ne stanno intraprendendo uno.
Lasciatemi dire qualcosa a proposito. Il mio slogan da qualche anno a questa parte, e non cambio con l'arrivo del 2011, è che la vita ha molta più fantasia di noi.
Ci sentiamo sicuri nei nostri programmi, certi che trascorreremo del tempo in un posto cercando di raggiungere determinati obiettivi, e poi, improvvisamente ci ritroviamo altrove a osservare nuovi tetti, a scrutare visi di persone che non ci saremmo attesi. Questo accade così velocemente e senza preavvisi che ci sentiamo spaventati, timorosi che la fretta ci abbia fatto prendere cattive decisioni. E il punto di domanda iniziale rimane. Abbiamo orrore di scegliere, di ritrovarci in una situazione nuova che contrasta apparentemente con la precedente e dove tutto è ancora fuori dal nostro controllo. Mentre studiavo un software di statistica di predective analytics, pensavo all'utilità di un tale strumento in grado di fare previsioni su un database con le varianti del nostro ego, capace di dirigere e automatizzare le decisioni per centrare i nostri obiettivi. Invece, tutto è nuovo e quello che noi possiamo osservare è solo l'inizio, come nella foto. Non vederne la fine genera una sorta di ansia, ci logoriamo nel chiederci se tutti i nostri forzi e le nostre idee sono ancora lì a sostenerci e ci aiuteranno a raggiungere nuovi traguardi. In realtà ansia è il nostro motore e la dose “quanto basta” la decidiamo noi in base a qualcosa che non cambia con la trasformazione dei nostri cammini: ansia, paure, energie, motivazioni, fiducia, speranza sono alcuni tra i componenti della nostra auto. Possiamo cambiare strada ma siamo noi che dobbiamo essere centrati, verificare che tutto sia in assetto per poter andare dritto, mantenere il nostro equilibrio, avere benzina, cambiare l'olio. Ora, mi ritrovo all'inizio di un tunnel in montagna, nel silenzio della natura, passeggiando insieme a due grossi cani (io che ne avevo paura) e prendendo foto qua e là. Strano, rispetto ai tetti di Naba'a. Ho sempre scritto di Libano, di quello che i miei occhi vedevano là, agli inganni del cuore e ai nuovi sentimenti imparati nel Paese dei Cedri. Il bisogno di esprimersi e di condividere, tuttavia, permane. Il gusto per me è nel viaggiare e non arrivare a una destinazione inizialmente decisa. Cambiamo noi, il tempo, gli incontri e modifichiamo i gusti, sarebbe superficiale mantenere gli stessi occhi. André Gide affermava: «Que l'importance soit dans ton regard, non dans la chose regardée!» [L'importanza sia nel tuo sguardo non nella cosa guardata]. Mi sono ritrovata a un bivio. Ho scelto una delle due strade che avevo innanzi, e ancora non so se ho preso la decisione giusta. Scegliere è l'atto coraggioso perché ci dice che il nostro sguardo sta cambiando, che vedremo nuove cose con uno spirito differente che ci ha portati in quella direzione. In attesa di raggiungere l'arrivo, ci conviene a tratti mettere i remi in barca e lasciarci trasportare dalla corrente e ogni tanto remare con foga per raggiungere una bottiglia galleggiante foriera di messaggi importanti.
P.S= di certo, non tutti affrontano scelte e cammini nuovi con lo stesso spirito. Impensabilmente per me, esistono esseri capaci di decidere senza troppo crucciarsi. Io che son fatta così ho scritto questo post per me e la mia compagna di avventure/sventure libanesi C.


giovedì 28 ottobre 2010

last night

un piccolo geKo mi ha aspettato sulla soglia di casa, cambiando colore dal legno al muro ai sogni che insieme condividiamo. ha l'aria triste o forse il mio sguardo lo vede così.
ultima notte beiruttina.
domani torno milanese.
Continuerò a raccontare di qui attraverso i miei ricordi che non devono essere sottovalutati rispetto alla presenza. Semplicemente è diverso.
La mia amica, i profumi il caos mi mancheranno. Sono tuttavia scelte razionali quando senti che non puoi più dare o ricevere mentre altrove hanno ancora bisogno di te.
notte a tutti.

martedì 14 settembre 2010

Naba'a est vulgaire!

Scrivo di getto, senza troppo pensare e decidere le parole. Ho raccontato molto su Naba'a sulle mie Moleskine ma non ho pubblicato ancora nulla. Naba'à è il quartiere dove vivo, che ho scelto, che mi ha accettata e non riesco a risolvere il tutto in due parole. Io non ce la faccio ma a quanto pare molti ci riescono benissimo: Naba'à è volgare. Così mi ha detto il taxista stasera e in primis mi chiedo con quale diritto sentenzia sul luogo dove abito, lui che dovrebbe accompagnarmi a casa in silenzio (lo so esagero ma di fronte alla superbia mi infervoro). Questo è quello che pensa. Ha cominciato a dissertare sul mio quartiere (che solo io posso contestare, un po' come la famiglia, io posso dire peste e corna ma guai a chi me la tocca!) con un'arroganza estrema e con la presunzione che dovessi per forza rispondere alle sue domande. Io ho fatto muro, non ho replicato molto e mentre lui parlava pensavo alla signora del negozietto dove compro la frutta e la verdura talvolta un po' ammaccata ma che compro da lei perché so che suo marito sta male e sta morendo. Ricordo le sue parole di ieri e il suo gesto. Non mi sentivo troppo in forma e mi ha dato una sua medicina dicendo di bere prima, di ingoiarla e di mettermi a letto a riposare e che lei era come mia madre e voleva che mi curassi. Lei che ha il marito che sta male. Lei che quando mi vede dice: "Italiana weinik?" ossia dove sei? Per dire che non mi ha visto per qualche giorno.
Allora, al taxista, ho chiesto dove vive lui. Ashrafieh risponde...il buon quartiere. Gli dico che una casa come la mia in quella regione costa il doppio, lui risponde "il triplo". E allora io sorrido e penso di essere fortunata a pagare un terzo e a non essere circondata da gente Volgare come lui!


scorcio nabesco...CONTINUA...

martedì 31 agosto 2010

Vita facile in Libano 2

Il concetto è semplice: chi prende l'autobus o i taxi collettivi comunica già molto alla società libanese, ossia il suo status sociale. Di solito, provenienza da un milieu povero, che non permette l'acquisto di un veicolo proprio, mancanza di una famiglia alle spalle che accompagna la figlia o la sorella dove richiesto. Non è un assunto bensì una generalizzazione, quindi passibile di eccezioni e critiche, che però esiste ed esiste soprattutto nella mentalità dei conducenti degli autobus o dei taxi che si sentono liberi di infastidirti, di "provarci" più o meno insistentemente. La conversazione è spesso personale, ti chiedono infatti se sei sposata, se vivi da sola e se vuoi uscire con loro. Possono accadere, anche se più raramente, situazioni di pesantezza (verbale, quasi mai fisica).
In Arabia Saudita pare sia obbligatorio per le donne assumere un autista personale (essendo loro vietata la possibilità di guidare). Pink Lady - da me così chiamata per avere tutto fucsia (pc, mp3, digitale) - di passaggio a Beirut e a Name This Bar, mi ha infatti raccontato che arrivando con un taxi diventi una "preda facile", per i motivi sopracitati, e spesso le auto ti seguono per vedere se possono ottenere qualcosa. La vita facile in Libano è quando hai i soldi per avere la tua auto, arrivare davanti al locale e lasciare mezzo e chiavi al vallet parking per una mancia di due euro circa. Così puoi continuare a portare tacco dieci senza problemi.

Vi lascio piccole briciole di autobus (boosta), prima di scappare con le mie false Birkenstock, a prenderne un altro...