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giovedì 28 ottobre 2010

last night

un piccolo geKo mi ha aspettato sulla soglia di casa, cambiando colore dal legno al muro ai sogni che insieme condividiamo. ha l'aria triste o forse il mio sguardo lo vede così.
ultima notte beiruttina.
domani torno milanese.
Continuerò a raccontare di qui attraverso i miei ricordi che non devono essere sottovalutati rispetto alla presenza. Semplicemente è diverso.
La mia amica, i profumi il caos mi mancheranno. Sono tuttavia scelte razionali quando senti che non puoi più dare o ricevere mentre altrove hanno ancora bisogno di te.
notte a tutti.

martedì 14 settembre 2010

Naba'a est vulgaire!

Scrivo di getto, senza troppo pensare e decidere le parole. Ho raccontato molto su Naba'a sulle mie Moleskine ma non ho pubblicato ancora nulla. Naba'à è il quartiere dove vivo, che ho scelto, che mi ha accettata e non riesco a risolvere il tutto in due parole. Io non ce la faccio ma a quanto pare molti ci riescono benissimo: Naba'à è volgare. Così mi ha detto il taxista stasera e in primis mi chiedo con quale diritto sentenzia sul luogo dove abito, lui che dovrebbe accompagnarmi a casa in silenzio (lo so esagero ma di fronte alla superbia mi infervoro). Questo è quello che pensa. Ha cominciato a dissertare sul mio quartiere (che solo io posso contestare, un po' come la famiglia, io posso dire peste e corna ma guai a chi me la tocca!) con un'arroganza estrema e con la presunzione che dovessi per forza rispondere alle sue domande. Io ho fatto muro, non ho replicato molto e mentre lui parlava pensavo alla signora del negozietto dove compro la frutta e la verdura talvolta un po' ammaccata ma che compro da lei perché so che suo marito sta male e sta morendo. Ricordo le sue parole di ieri e il suo gesto. Non mi sentivo troppo in forma e mi ha dato una sua medicina dicendo di bere prima, di ingoiarla e di mettermi a letto a riposare e che lei era come mia madre e voleva che mi curassi. Lei che ha il marito che sta male. Lei che quando mi vede dice: "Italiana weinik?" ossia dove sei? Per dire che non mi ha visto per qualche giorno.
Allora, al taxista, ho chiesto dove vive lui. Ashrafieh risponde...il buon quartiere. Gli dico che una casa come la mia in quella regione costa il doppio, lui risponde "il triplo". E allora io sorrido e penso di essere fortunata a pagare un terzo e a non essere circondata da gente Volgare come lui!


scorcio nabesco...CONTINUA...

martedì 31 agosto 2010

Vita facile in Libano 2

Il concetto è semplice: chi prende l'autobus o i taxi collettivi comunica già molto alla società libanese, ossia il suo status sociale. Di solito, provenienza da un milieu povero, che non permette l'acquisto di un veicolo proprio, mancanza di una famiglia alle spalle che accompagna la figlia o la sorella dove richiesto. Non è un assunto bensì una generalizzazione, quindi passibile di eccezioni e critiche, che però esiste ed esiste soprattutto nella mentalità dei conducenti degli autobus o dei taxi che si sentono liberi di infastidirti, di "provarci" più o meno insistentemente. La conversazione è spesso personale, ti chiedono infatti se sei sposata, se vivi da sola e se vuoi uscire con loro. Possono accadere, anche se più raramente, situazioni di pesantezza (verbale, quasi mai fisica).
In Arabia Saudita pare sia obbligatorio per le donne assumere un autista personale (essendo loro vietata la possibilità di guidare). Pink Lady - da me così chiamata per avere tutto fucsia (pc, mp3, digitale) - di passaggio a Beirut e a Name This Bar, mi ha infatti raccontato che arrivando con un taxi diventi una "preda facile", per i motivi sopracitati, e spesso le auto ti seguono per vedere se possono ottenere qualcosa. La vita facile in Libano è quando hai i soldi per avere la tua auto, arrivare davanti al locale e lasciare mezzo e chiavi al vallet parking per una mancia di due euro circa. Così puoi continuare a portare tacco dieci senza problemi.

Vi lascio piccole briciole di autobus (boosta), prima di scappare con le mie false Birkenstock, a prenderne un altro...





venerdì 30 luglio 2010

Libellule

Molte e troppe in questi giorni, iniziano a infastidire. Sorvegliano, cercano, impauriscono?



L'altro ieri un aereo militare è passato velocissimo sopra la mia testa. Ha frullato un po' il cervello, rispolverato ricordi.
Dopo il lavoro, disorientati da suoni sapori e profumi della serata, JB mi ha raccontato che la mattina si era svegliato con lo stesso rumore e il suo riflesso è stato: alzarsi, accendere la televisione, e aspettare di capire chi avrebbe bombardato che cosa e perché. La paura di una guerra resta, latente o esplicita. Creare pressione e ansia nella popolazione può essere una strategia per fomentare qualcosa che in realtà non potrebbe accadere senza. Inutile, quindi, farsi le domande sbagliate. Bisogna chiedersi come fare per evitarla, come reagire contro chi ci tratta come burattini e decide il nostro risveglio in una calda mattinata di luglio.

giovedì 29 luglio 2010

Vita facile in Libano 1

Talmente facile che invito tutti coloro che lo dicono* a fare quattro piani di scale con un'anguria di sette chilogrammi tra le braccia perché a Naba'a il portinaio (un po' più schiavo che altro), cari miei, non c'è!



* Post in elaborazione, ricorda parole e immagini (e immagina i suoni, es: "ouf ouf, MUOIO") e confrontale con i futuri contenuti.

Pensierino del "buongiorno"

Pensiero spot della giornata.

Ieri al corso d'inglese, l'esercizio di conversazione prevedeva di parlare di alcune tematiche sociali relative al Paese. Uno dei punti chiedeva se esisteva la questione dell'abbandono scolastico e in che termini. Le prime risposte sono state "no, non tanto", "insomma più nelle scuole pubbliche". La mia insegnante, from Manchester, ha ricordato allora la marea di bambolini che mendicano per strada. La risposta di una ragazza, mamma e soprattutto insegnante, è stata: "non sono libanesi, non è un problema del nostro Paese". Effettivamente sono siriani o curdi, tuttavia CREDO che il diritto allo studio sia previsto anche per loro. Rabbrividisco.
Muoio sempre un po' dentro quando visualizzo questi pensieri but tomorrow is another day and maybe another little death.

domenica 25 luglio 2010

martedì 20 luglio 2010

verde speranza



Quando dico che in certe circostanze non si può rifiutare un caffè è perché ottime relazioni di vicinato possono salvare la serata.

Frigo vuoto e un po' di nervosismo di sottofondo (motivato da varie ragioni ma la principale è che da tre ore stanno sparando pseudo fuochi d'artificio particolarmente brutti ma rumorosi e petardi per festeggiare Sant'Elia).

Bussano a quest'ora della notte, chi sarà mai? Andiamo a vedere. La mia locatrice e suo marito come i re magi mi portano in dono: più di un kg di pere, menta fresca senza conservanti tutto dalla montagna. Inoltre, un bel piattino di zucchine ripiene come si fanno qui. Evviva il verde speranza!

venerdì 16 luglio 2010

Vedere

Vedere un taxista libanese enorme, macho, con la sua mercedes vecchissima e delle farfalle rosa stampate sopra alla carrozzeria che si leva le sopracciglia in mezzo alla fronte con la pinzetta mentre è parcheggiato:

NON HA PREZZO!

Pendoli-NO



















Mano al muro: il pendolino magico, questa mattina, ha bersagliato il mio palmo.
La mia locatrice, M., ha bussato alla porta per invitarmi a bere il caffé da lei come consuetudine. Oggi mi risultava difficile rifiutare perchè non ho il corso d'inglese e perchè voleva presentarmi il figlio maggiore che non avevo ancora incontrato. Non è mai un peso ma a volte sono immersa nei miei lavori e vorrei rimanere un po' sola.
Inizio a comunicare passando, ormai con agilità olimpica, dal poco arabo che conosco, all'inglese e al francese - a seconda del registro richiesto ogni nano-secondo - fino a quando il figlio estrae da una sacchetto di stoffa il pendolino magico e mi chiede se voglio fare qualche domanda. "Ma anche no", mi verrebbe da rispondere. Accettare, tuttavia, è un obbligo in queste circostanze. L'esecuzione è stata diretta, una fucilata dritta alla mia mano:
"A breve lascerai il Libano perchè non troverai la tua strada e il lavoro che desideri. Tra due mesi sarai in Italia dove avrai un impiego che non ti soddisferà ma il pendolino non è sicuro di questo ma entro due anni conoscerai qualcuno e ti sposerai."

Smacco finale, il mio campo energetico è inesistente! Questo è troppo: pendoli-NO!

lunedì 12 luglio 2010

Ognuno ha la sua guerra da ricordare

Esattamente quattro anni fa scoppiava una guerra in Libano e io c'ero nel Cedro (e anche nel casino). Per pochi giorni, prima di evacuare con altri italiani; la sensazione di essere sotto le bombe è tuttavia difficilmente dimenticabile.


Ora, dal mio balcone osservo i palazzi di Naba'a, quartiere popolare di Beirut che, insieme a Ain El Remmaneh, è stato protagonista dell'inizio di quel conflitto violento, lungo e devastante, cominciato nel 1975 e cosiddetto “civile”. I segni di quella guerra ci sono ancora.



M., la mia locatrice, mi ha raccontato che una bomba è arrivata anche qui a casa nostra mentre lei era con i figli nelle cantine del palazzo improvvisate rifugio. Il marito, che qui chiameremo Abu Jihad, era invece rimasto nell'appartamento e dopo l'esplosione si è ritrovato completamente ricoperto di bianco come “se fosse stato immerso nella farina” con qualche macchia di rosso qua e là ma vivo. Mentre parliamo lui è seduto sulla sua poltrona con la solita aria pacata e un po' austera. La comunicazione tra noi è limitata a causa delle nostre reciproche barriere linguistiche ma non solo per questo: Abu Jihad parla poco ma quando lo fa è legge. M., decisamente più loquace, ha continuato a raccontarmi che lui è sfuggito alla morte ben nove volte. La mia tendenza a sdrammatizzare e il piacere che provo quando le persone sorridono per le mie battute, mi portano a farne subito una: "Abu Jihad! Hai più vite di un gatto!". Ridiamo mentre beviamo caffè e fumiamo ognuno le proprie sigarette: Marlboro light io, Marlboro rosse lui e Kent ultra-fini lei.

Dentro di noi, i nostri cuori si stringono, ognuno ricordando la propria guerra.


venerdì 9 luglio 2010

Name this bar ?


Habemus blog...meglio, trovato il senso.
Una cameriera italiana in Libano mi sembra convincente.

Come scritto nel precedente post, in fase di interrogativi, lavorare in un pub che non ha nome, ancora, e che mi schiaffeggia ogni giorno per più di nove ore con un enorme punto di domanda, non è un caso.

lunedì 7 giugno 2010

Bitter end

Ho diversi blog abbandonati e in corso.
Uno più personale, nonostante sia sempre stato centrato su tematiche libanesi, compagno e confidente di molti accadimenti.
L'anno scorso scrivevo sul blog del servizio civile.
Adesso, ho costruito, iniziato e pensato un blog per il mio attuale lavoro che finirà a breve lasciandomi di nuovo con tante domande e nessuna risposta.
Questo era il blog di default di gmail, avevo inserito questa poesia a Natale 2008 e poi il silenzio. Impegnata su troppi fronti, non mi fermavo a riflettere. Bisogna anche considerare l'avvento di facebook, consapevoli che una nota buttata lì ha più lettori di un blog più costruito, ragionato, contestualizzato ma più difficile da scoprire, più faticoso da seguire.
Quando qualcosa rimane un sottofondo ricorda tuttavia la sua esistenza, in maniera più educata. Eccomi allora riscoprire un luogo un po' dimenticato, riempire una nuova pagina in un nuovo blog. L'inizio dell'ennesimo "libro" di cammino, avventura, desiderio, sogno, delusione, realtà. Simbologia affine al momento che sto vivendo? Sicuramente. In fase di punti interrogativi penso alla natura che voglio dare a questo strumento. Non ve lo so dire ancora.


Le faremo sapere.