Pagine

lunedì 12 luglio 2010

Ognuno ha la sua guerra da ricordare

Esattamente quattro anni fa scoppiava una guerra in Libano e io c'ero nel Cedro (e anche nel casino). Per pochi giorni, prima di evacuare con altri italiani; la sensazione di essere sotto le bombe è tuttavia difficilmente dimenticabile.


Ora, dal mio balcone osservo i palazzi di Naba'a, quartiere popolare di Beirut che, insieme a Ain El Remmaneh, è stato protagonista dell'inizio di quel conflitto violento, lungo e devastante, cominciato nel 1975 e cosiddetto “civile”. I segni di quella guerra ci sono ancora.



M., la mia locatrice, mi ha raccontato che una bomba è arrivata anche qui a casa nostra mentre lei era con i figli nelle cantine del palazzo improvvisate rifugio. Il marito, che qui chiameremo Abu Jihad, era invece rimasto nell'appartamento e dopo l'esplosione si è ritrovato completamente ricoperto di bianco come “se fosse stato immerso nella farina” con qualche macchia di rosso qua e là ma vivo. Mentre parliamo lui è seduto sulla sua poltrona con la solita aria pacata e un po' austera. La comunicazione tra noi è limitata a causa delle nostre reciproche barriere linguistiche ma non solo per questo: Abu Jihad parla poco ma quando lo fa è legge. M., decisamente più loquace, ha continuato a raccontarmi che lui è sfuggito alla morte ben nove volte. La mia tendenza a sdrammatizzare e il piacere che provo quando le persone sorridono per le mie battute, mi portano a farne subito una: "Abu Jihad! Hai più vite di un gatto!". Ridiamo mentre beviamo caffè e fumiamo ognuno le proprie sigarette: Marlboro light io, Marlboro rosse lui e Kent ultra-fini lei.

Dentro di noi, i nostri cuori si stringono, ognuno ricordando la propria guerra.


Nessun commento:

Posta un commento